La
confessione, disciplinata dall'art.2730
c.c. è la
dichiarazione che una parte fa della verità di circostanze che il
suo avversario afferma a fondamento del proprio diritto.
Si pensi per esempio, a chi riconosce di aver ricevuto
una certa somma in mutuo.
Al
secondo comma dell'art. 2730 c.c.
si distingue tra:
- confessione giudiziale, se resa in giudizio, che fa piena prova contro il confitente, cioè essa vincola il giudice (anche se quest'ultimo sia convinto che la confessione è menzognera)
- confessione stragiudiziale, se resa al di fuori del processo.Quest'ultima, deve essere provata nel processo; all'uopo si evidenzia che, se la confessione è stata fatta a terzi, è liberamente apprezzata dal giudice, invece se è stata fatta alla controparte o al suo rappresentante, forma piena prova contro il confitente, a pari di quella giudiziale.
In
materia, si sono espresse le S.U. con
la pronuncia n. 7381 del 25 marzo 2013,
le quali hanno chiarito : “perché
una dichiarazione sia qualificabile come confessione, essa deve
constare di un elemento
soggettivo,
consistente nella consapevolezza e volontà di ammettere e
riconoscere la verità di un fatto a sé sfavorevole e favorevole
all'altra parte, e di un elemento
oggettivo,
che si ha qualora dalla ammissione del fatto obiettivo che forma
oggetto della confessione, escludente qualsiasi contestazione sul
punto, derivi un concreto pregiudizio all'interesse del dichiarante e
al contempo un corrispondente vantaggio nei confronti del
destinatario della dichiarazione”.
Infine, si rende noto che, la confessione è
irrevocabile, a meno che si provi che la dichiarazione resa è stata
determinata da errore o violenza (si pensi per esempio a chi ha
riconosciuto un debito perchè convinto di non aver pagato ma
successivamente ritrova la quietanza).
R.F.
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