Viviamo in un’epoca, in cui le separazioni familiari, dopo anni di grandi battaglie, sono diventate una soluzione pratica.
Orbene, appena cominciata una crisi coniugale, innumerevoli sono i problemi che si pongono, tra i tanti vi è sicuramente quello relativo la casa coniugale.
Infatti essa, svolge un ruolo imprescindibile nel momento della composizione della crisi coniugale, quale elemento necessario del regolamento patrimoniale, nelle varie ipotesi di separazione consensuale o giudiziale, divorzio ecc...
Preliminarmente, appare doveroso precisare che di “casa familiare” non esiste una definizione legislativa vera e propria, ma questa è facilmente identificabile come il luogo in cui è individuato la residenza della famiglia, ovvero dove il nucleo familiare vive abitualmente e prevalentemente.
All' uopo, il legislatore è intervenuto dettandone esplicitamente una disciplina all'interno della sezione relativa la separazione, precisamente all'art. 155 - 4 comma c.c., che recita: l'abitazione della casa familiare spetta di preferenza, e ove sia possibile, al coniuge cui vengono affidati i figli.
La ratio di suddetta norma trova la sua giustificazione nell'esigenza di garantire protezione alla prole, la quale così facendo, non verrebbe privata dell'ambiente domestico nel quale è cresciuta ed altresì non subirebbe ulteriori traumi, derivanti dalla perdita di domicilio.
Pertanto, in virtù di tale principio, non mancano ipotesi in cui, il giudice della separazione personale dei coniugi, in presenza di determinati presupposti, con proprio provvedimento, assegni la casa coniugale al coniuge non proprietario dell'immobile.
In un'ipotesi siffatta, l'assegnatario esercita sulla casa coniugale un diritto, che può essere fatto rientrare in 3 diverse categorie in particolare, può trattarsi di:
1) un diritto di abitazione – e cioè il diritto di abitare nella casa limitatamente ai bisogni della famiglia;
2) un diritto personale di godimento – si segnala che ciò non è espressamente previsto dall'ordinamento ma può trovare la sua fonte nel provvedimento di un giudice.
A riguardo, si segnala che, a tutela dell'assegnatario è previsto che il provvedimento di assegnazione è suscettibile di trascrizione nei registri immobiliari della Conservatoria; suddetta trascrizione rende il diritto acquisito opponibile ai terzi. Si ricordi, la sentenza n. 4719/06, con la quale la Corte di Cassazione ha statuito appunto che il provvedimento di assegnazione può essere opposto ai terzi nei limiti del novennio.
3) Un diritto del comodatario- cioè il diritto dell'assegnatario di servirsi della casa adibita a residenza familiare fino a che non ne vengono meno i presupposti.
Quest'ultima ipotesi, capita spesso nella prassi, si pensi per esempio al genitore che permette al figlio di trasferirsi in un proprio immobile insieme alla moglie, ma poi nel momento della separazione, la casa venga assegnata, con provvedimento del giudice, a quest'ultima.
In tal caso, si rientra senza dubbio, all'interno della disciplina del comodato di cui all'art. 1803 c.c.
Il comodato in questione, essendo sprovvisto di una scadenza espressa (dunque non ha un termine preciso) viene definito “precario”, a questo, altresì si aggiunge che essendo destinato a fornire una residenza al nucleo familiare, la restituzione dell'immobile potrà intervenire solo ove il comodatario (nell'ipotesi fatta – la moglie) cessi di servirsi della casa secondo l'uso cui la stessa era destinata, salvo che sopraggiunga un bisogno imprevisto ed urgente del comodante (nel caso di specie la suocera).
R.F.
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